Inzaghi
Inzaghi

Nell'edizione odierna della Gazzetta dello Sport, Simone Inzaghi ha rilasciato una lunga intervista spaziando su molti argomenti, tra cui mercato, rinnovi dei giocatori e il campionato in corso. Ecco le sue parole.

Undici punti guadagnati sul Milan e 14 sul Napoli, in sette partite. Ci racconta come avete fatto?

 «Guardate, io ero sereno anche a ottobre, anche quando dalla vetta eravamo distanti. Incontravo i tifosi in giro per Milano, mi dicevano che la squadra piaceva, che venivano volentieri allo stadio. E questo per un tecnico è il complimento più importante. Questa cosa mi ha dato una spinta in più. Anzi, ci ha dato, a me e al mio staff. Dirò di più: ci credevamo già da luglio, dal giorno del primo allenamento. Ora fa comodo a tanti dire che siamo i favoriti, che siamo una corazzata. Ma io lo sapevo già allora che avremmo potuto far bene»

Ok. Però la vittoria con il Napoli qualcosa ha aggiunto. Che cosa, in particolare?

«Grande consapevolezza, era una partita che dovevamo vincere e mi è piaciuto anche come l’abbiamo vinta. Quella era un’Inter che si stava ancora conoscendo. Ma per quel che vedevo in allenamento, anche se fosse finita 3-3 non sarebbe cambiato molto. La strada era tracciata».

Se si volta, chi teme di più? Milan o Napoli?

 «Milan e Napoli sono quelle che hanno cambiato meno. Il Napoli non ha ceduto neppure un big, il Milan ha sostituito bene. Ma nella corsa scudetto metto dentro anche l’Atalanta e la Juve. I bianconeri hanno perso punti, sono più indietro di quanto ci aspettassimo. Ma stanno tornando, hanno vinto sei delle ultime otto: la Juve è un avversario da tenere in considerazione»

Ora vi aspettano due mesi molto impegnativi.

«Beh, prima stacchiamo un po’, ne abbiamo bisogno. Ma già stamattina (ieri, ndr) i preparatori hanno inviato ai ragazzi un programma per presentarsi al meglio il 30».

Un pensiero al Liverpool, però, lo starà già facendo.

«Nella mia testa era al primo posto tra le squadre da evitare, insieme al City. Sarà durissima, ma anche una sfida bellissima da giocare. Queste squadre hanno qualcosa in più. Ti danno sempre l’idea che tu possa giocartela, che gli puoi far gol. E invece ti puniscono. Ma noi ci arriveremo pronti». 

La gara di Madrid vi ha dato fiducia?

«Abbiamo avuto la supremazia sia all’andata sia al ritorno. Ma contro le grandi va così, le difficoltà aumentano...».

Non c’è giocatore dell’Inter che non ripeta “Inzaghi ci ha dato libertà”. Cosa vuol dire?Ce lo spiega nel dettaglio questo concetto?

«Il calcio di oggi è soprattutto occupazione degli spazi. E allora per libertà intendo questo: io lascio liberi i giocatori di decidere, di scegliere il momento. Anche perché dalla panchina, specie ora che è tornato il pubblico, non si riesce a incidere più di tanto. Si può organizzare la fase difensiva e quella offensiva, noi la curiamo tantissimo con video e sedute ad hoc. Ma poi le decisioni sono dei giocatori, in tre secondi di partita devono capire e agire con competenza. La partita è un insieme di scelte: quelle migliori le fanno le squadre più forti, quelle che vincono i trofei».

Però Bastoni lassù col Torino ce lo ha messo lei...

«Mi sono trovato Buongiorno, un difensore, sotto la mia panchina a marcare Vidal. Sapevamo che sarebbe potuto accadere. Così abbiamo studiato la contromossa».

Da 551’ l’Inter non prende gol. Tornando indietro, all’inizio subivate molte ripartenze. Che cosa ha aggiustato?

«L’ho capito in questi anni, dopo una sconfitta a volte si esce più forti. Così è accaduto a noi dopo la Lazio. Abbiamo lavorato tantissimo sulle marcature preventive, nel mantenere la squadra corta, sulle catene... e ho trovato grande disponibilità».

Qual è il giocatore che più l’ha sorpresa, all’Inter.

 «Se devo dire un nome, rispondo Ranocchia. Senza De Vrij, contro Napoli e Shakhtar in due gare che dovevamo vincere, mi ha dato il fritto, giocando da interista vero. Ma è un discorso che riguarda anche altri. Allenando Gagliardini ho capito perché ha trovato tanto spazio con Spalletti prima e con Conte poi. Quando mi giro in panchina, posso scegliere a occhi chiusi».

Con Lukaku la sua Inter avrebbe giocato nella stessa maniera?

«Ho allenato Romelu una settimana ad Appiano, è un grandissimo giocatore. Non pensavo che sarebbe andato via dall’Inter, l’addio non era nell’aria, avevamo previsto solo la cessione di Hakimi e punto. Poi ogni calciatore ha le sue caratteristiche. Quando abbiamo capito che Lukaku sarebbe partito, la sera stessa ho parlato con Marotta e Ausilio e ho fatto loro il nome di Dzeko. Mi hanno risposto “con noi sfondi una porta aperta, da tempo vogliamo portarlo qui”. Dzeko è un attaccante che ti aiuta a giocare bene. Ma abbiamo tanti giocatori di qualità in rosa».

Ora si apre il mercato. Che cosa si aspetta dall’Inter?

«Dovremo ragionare con attenzione, bisogna sempre pensare di poter crescere. La scorsa estate il primo obiettivo era mettere in sicurezza il club, ora dobbiamo cercare di vedere qualcosa. Tutte le squadre si rinforzano, in fondo. La mia priorità sarebbe mantenere tutti. Vediamo con Satriano, gli altri quattro attaccanti vorrei tenerli tutti, poi bisogna capire in mezzo o sugli esterni se possiamo trovare come migliorarci. E magari capire se qualche giocatore che dopo questeprime 25 partite ha giocato meno, ora si sente stretto».

Vecino e Sensi?

«Penso a tutti, in generale. L’importante è che chi rimane mi dia quel che mi ha dato finora, che sia convinto di restare»

Sanchez è un problema risolto?

«Nell’ultimo mese è stato un piacere allenarlo e vederlo giocare. Con lui ho parlato. Ma non dovevo certo conoscerlo, è lui che deve solo essere assistito dalla salute. Sono fortunato ad avere questi quattro attaccanti, voglio mantenerli tutti».

Nandez le piace?

«È un giocatore interessante, un profilo duttile, potrebbe andare bene. Non voglio parlare di nomi, la società è vigile. Se ci sarà l’occasione, sarà giusto coglierla».

Fuori dal mercato. Come ha conquistato lo spogliatoio?

«Ho in rosa giocatori vincenti, che hanno trionfato anche altrove. Poi io cerco di parlare tanto con loro, mi piace relazionarmi coi miei calciatori. Nel calcio di oggi è un passaggio obbligato, le motivazioni fanno la differenza».

Ci descriva il rapporto con il presidente Zhang.

«Ogni settimana ci sentiamo via messaggio, è sempre molto attento, mi chiede se ci sono problematiche particolari da risolvere. Non è qui con noi fisicamente, ma lo sento molto vicino alla famiglia Inter, abbiamo un grande rapporto».

Parliamo un po’ di singoli? Calhanoglu non è mai sembrato così forte come con lei. 

«Credo che il suo ruolo sia quello di mezzala, è quello a lui più congeniale. Hakan ha quantità e qualità e riesce ad abbinarle. Se è il nostro Luis Alberto? Dico di sì, hanno molte cose in comune. E perla verità nel mio modo di giocare avrebbe fatto molto bene anche uno come Eriksen, ne sono convinto».

Non le sembra strano vedere Luis Alberto così spesso in panchina?

«Diciamo che con me c’è stato poco... Ma faccio fatica a pensare a qualcosa che non tocco con mano». 

C’è qualcuno in Europa più forte di Brozovic, in quel ruolo?

«Innanzitutto Brozo deve sbrigarsi a firmare il rinnovo! L’ha già detto Barella, gli piace l’Inter, l’ambiente, poi credo si sia adesso in una normale fase di contrattazione... In campo è un giocatore straordinario, sta facendo da anni le fortune dell’Inter».

E Perisic quando firma?

«Eh, speriamo presto. Sapevo con lui di trovare un campione, ho scoperto un uomo dalla grandissima disponibilità, che ha fatto senza problemi anche la seconda punta e l’esterno a destra, quando gliel’ho chiesto». 

Ha mai sentito Conte?

«No. Però siamo sempre andati molto d’accordo quando ci siamo affrontati, con lui è un piacere parlare di calcio, lo stimo molto».

Qual è l’allenatore che più ha inciso nel suo modo di guidare un club?

«Ho preso tanto da tutti. Penso a Beppe Materazzi: non ci fosse stato lui, non sarei diventato il giocatore che poi sono stato, mi fece esordire in Serie A a Piacenza nonostante attaccanti più esperti in rosa. E segnai subito. Da quel giorno ho capito che con i giovani bisogna avere coraggio, se un ragazzo merita è giusto fare scelte scomode anche a discapito di qualche giocatore più grandicello. E infatti alla Lazio ne ho fatti esordire 15-20, di giovani... E poi, come tecnici, non posso non citare Eriksson e Mancini».

Da uno a dieci: quanto crede allo scudetto?

«Non faccio numeri. Questo è un campionato imprevedibile. Siamo a buon punto, ma quel che abbiamo fatto fin qui dev’essere solo uno stimolo per ricominciare a mille dopo la sosta».

Termina qui l'intervista.


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