Che significa quel “vorremmo” di Marotta? L’analisi delle parole dell’AD nerazzurro
" L'Inter tende confermare tutti i suoi calciatori, solo nel caso qualcuno manifestasse la volontà di andare via ne parleremo. La chiusura dell'operazione Hakimi ci servirà a respirare un po'. Vorremmo tanto non dover vendere altri giocatori". Così, tra le tante altre cose dichiarate, ha detto Beppe Marotta ieri sera dal Gran Hotel di Rimini.
Parole che sicuramente, dal momento che l'intenzione è quella di non cedere altri big oltre ad Hakimi, tranquillizzano i tifosi nerazzurri. Ma non del tutto: non si può far a meno di notare i toni usati, posti al condizionale, che tengono i piedi ancorati per terra e non danno certezze. Dunque, che significa quel "vorremmo"?
Abbastanza semplice: vuol dire quello che si dice da quando si è venuto a conoscenza di questa situazione a dir poco complicata, ovvero che bisogna affidarsi a Marotta. Dal momento che a dirigere la zona manageriale e il mercato dell'Inter c'è lui, uno dei migliori, è molto probabile che le sue volontà diventino realtà.
Stando alle notizie raccolte fino ad oggi, l'Inter, dopo la cessione di Hakimi, opterà con ogni probabilità per un colpo - non aspettatevi chissà chi - sulla corsia laterale destra, così da sostituire il marocchino. Si immagina un'operazione che si chiuda in tempi brevi, in modo da farlo avere a disposizione il prima possibile ad Inzaghi.
Dopodiché - se la matematica non è un opinione - sarà necessario, per chiudere il mercato con un attivo di 80 milioni circa, cedere degli altri giocatori. A quel punto entra in gioco la bravura di Marotta: se riuscirà a cedere gli esuberi per far quadrare i conti, non servirà fare a meno di un altro big.
Se riuscirà addirittura a vendere più esuberi o a un prezzo più elevato di quanto ci si aspetti, ci potrebbe essere la possibilità di fare altri acquisti - sempre contenuti - che vadano a puntellare al meglio la rosa.
Difficile sapere oggi se ce la farà o meno, ma si può dire con certezza che Marotta non delude mai.
A cura di Manuel Delon