Adriano Leite Ribeiro, l’Imperatore, compie oggi 40 anni. A pensarci bene è una di quelle cose che ci fanno sentire un po’ vecchi perché l’Imperatore, nel bene e nel male, ha scandito un decennio di storia del calcio italiano e mondiale, e perché dentro di sé ogni tifoso interista spera ancora che possa tornare una volta per tutti dal Brasile e farci sognare una volta di più. Non che l’Inter senza di lui non abbia trionfato, anzi, ma la storia di Adriano in nerazzurro ed in generale con il calcio è sostanzialmente incompiuta, con un senso quasi d’inadeguatezza nei confronti di un mondo troppo duro ed esigente per un colosso di 190 centimetri, ma dal cuore buono.

Il 14 agosto 2001 è una data che non rappresenta la vittoria di nessun titolo, ma che cambia la storia recente dell’Inter e della Serie A. In Italia è ferragosto, le città sono vuote, ma in giro per la penisola sono molte le televisioni accese per seguire l’amichevole di lusso tra Real Madrid e Inter per il trofeo Bernabéu. Al 91’minuto il punteggio è di 1-1, reti di Vieri e Raúl. Punizione dal limite. Intorno alla palla ci sono Seedorf, Materazzi e Adriano, un diciottenne brasiliano appena arrivato dal Flamengo che in pochi conoscono. Materazzi vuole calciare, ma Seedorf gli dice:”fai provare il ragazzo”. Il resto è storia. Adriano sfonda la porta, lasciando a bocca aperta non solo il portiere Casillas e il pubblico presente al Bernabéu, ma anche milioni di appassionati in Italia. La sensazione generale è che sia nata una stella. D’altronde solo un predestinato può essere capace di qualcosa di simile. È un’amichevole è vero, ma è pur sempre il Real dei “galacticos”, una squadra non abituata a guardare gli altri brillare.

È la prima volta di Adriano in nerazzurro, ce ne saranno molte altre (177 presenze e 74 reti in gare ufficiali) ma il primo pensiero che balza alla mente ricordando quei momenti è quello che generalmente si associa all’Imperatore: cosa avrebbe potuto essere….Si perché nonostante 200 reti in carriera, vari titoli nazionali tra Inter e Flamengo e pure una Copa América e una Confederations Cup da assoluto protagonista con il Brasile; Adriano avrebbe potuto fare molto di più. A 30 anni era già di fatto un ex giocatore, divorato da anni di abuso di alcolici e vita sconsiderata. Di questo si è già scritto e detto tutto, di come un ragazzo che aveva ai piedi il mondo sia stato frenato dalla depressione dovuta alla scomparsa del padre nel 2004 e dal conseguente rifugio in vizi e compagnie autodistruttive.

In una recente intervista Adriano ha raccontato come l’Inter lo abbia spesso coperto, dichiarandolo infortunato e facendolo addirittura riposare alla Pinetina se per caso la mattina si presentava all’allenamento in condizioni imbarazzanti. Questa decisione, in passato criticata da vari addetti ai lavori interisti e non, è un bell’esempio di come si sia scelto di proteggere l’uomo, il ragazzo, prima ancora che il calciatore. È rappresentazione (condivisibile e non) di quell’umanità diversa che Capitan Zanetti racconta d’aver respirato fin dal primo giorno ad Appiano e che Adriano non ha mai dimenticato. Tanti gol meravigliosi, tante vittorie e serate da ricordare, ma anche periodi di profonda difficoltà e sofferenza; ed è probabilmente proprio questo che rende il legame tra Adriano e l’Inter davvero speciale.

“L’Inter è un pezzo davvero grande di me, che si è intrecciato con la mia vita, colorando i momenti più belli e accompagnandomi in quelli più tristi e difficili”. Davanti alla malattia, davanti alla depressione, i milioni e la fama non contano niente.

Oggi l’Imperatore ha ritrovato la serenità nella sua Rio de Janeiro e un oceano lo separa da quello che fu il su regno più luminoso e dal popolo che più di tutti lo ha amato e compreso.  

Quindi stop al “se non avesse bevuto” e tutto il resto. Il tempo dei processi è finito. Oggi un uomo, che un tempo fu Imperatore è felice, ed è l’unica cosa che conta. Parabéns Adri.


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