Una vita da gregario: la parabola di Gagliardini
Fin dal suo esordio con l’Atalanta, Roberto Gagliardini è stato considerato uno dei prospetti più interessanti del panorama nazionale, col suo calcio fatto di quantità e con una discreta capacità d’inserimento in zona gol, che gli valsero la chiamata dell’Inter prima e della Nazionale poi. Qualcosa però nel suo percorso di crescita si è inceppato, portandolo oggi ad essere uno dei migliori “gregari” (per presenze e considerazione dell’allenatore) della Serie A.
APPRODO ALL’INTER – Nel gennaio del 2017, l’allora squadra allenata da Pioli decide di investire più di 20 milioni per questo giovane giocatore, affidandogli fin da subito il centrocampo. La scelta sembra vincente, con lui in campo arrivano solo vittorie e le sue prestazioni sono eccellenti, tanto che anche in Nazionale si accorgono di lui.
A rovinare i piani ci si mette però un infortunio, che interrompe la sua stagione perfetta. Con lui si spegne, non si sa se per coincidenza, anche l’Inter, che inizia ad inanellare sconfitte, facendo così svanire il sogno Champions.
CON SPALLETTI – L’anno dopo l’Inter riparte da Spalletti e Gagliardini è ancora uno dei protagonisti principali, con più di 30 presenze in quella che diventerà la stagione della svolta, la stagione del ritorno in Champions. Però qualche difficoltà inizia ad emergere, quella qualità e quella personalità che tutti avevano intravisto tarda a sbocciare, alimentando le prime critiche e i primi mugugni.
Critiche che divamperanno nella stagione successiva, dove con la Champions l’asticella si alza notevolmente. Le sole 23 presenze tra Campionato e Coppa, seppur condite da 5 gol, certificano che quel bel anatroccolo non è diventato un cigno.
L’UOMO DI CONTE – Sotto la guida di Conte, oltre a diventare ufficialmente l’ammazza genovesi ( 7 dei 14 gol segnati con la maglia dell’Inter li ha siglati contro le due formazioni ligure), Gagliardini ritrova centralità nel progetto nerazzurro. Con la sua grande disponibilità al sacrificio, col suo sapersi mettere a disposizione del mister, con la sua serietà, convince Conte a dargli spesso la maglia da titolare, attirando su di sé non poche critiche ( una su tutte quella di preferirlo ad Eriksen ).
Con l’ingresso in pianta stabile del danese nell’undici titolare, il suo minutaggio è inevitabilmente calato, ma non la stima e la considerazione dell’allenatore, sempre pronto a gettarlo nella mischia nei minuti finali, chiedendogli quantità e fisicità soprattutto quando c’era da portare a casa una vittoria.
GREGARIO DI LUSSO – Le premesse erano altre, vero, forse fin troppo alte per il giocatore che è, attirando di conseguenza una marea di critiche sproporzionate, causate anche da alcuni errori grossolani ( la traversa a porta vuota contro il Sassuolo dello scorso anno su tutti ). Questo sicuro ha condizionato il suo percorso di crescita, soprattutto a livello caratteriale e di personalità, ma non sminuisce il suo essere un professionista serio, un giocatore da collettivo che ogni squadra dovrebbe avere ( basta guardare le sue statistiche), un vero e proprio gregario di lusso.
Fabio di Iasio