Non siamo un paese per vecchi (o perlomeno non così tanto)
Nei giorni scorsi Sebastiano Esposito uno dei classici slogan del calcio italiano in crisi
“Il ct Mancini non può fare miracoli. Sono appena due i giocatori del 2002 che giocano in Serie A, ecco perché dobbiamo cercare spazio all’estero.” Parola di Sebastiano Esposito, classe 2002 cresciuto nell’Inter e ancora di proprietà dei nerazzurri.
Esposito si è messo in luce nella Serie A svizzera con il Basilea, e si è lamentato in questi termini delle poche possibilità date ai giovani nel nostro campionato. Vero che non siamo olandesi, ma la situazione è in realtà meno nebulosa di quel che sembra.
In Italia ci sono diversi settori giovanili di assoluto livello, tra cui quello dell’Inter, unico a fregiarsi di dieci scudetti Primavera. Il salto, tra la Primavera e “il calcio dei grandi“ è tutt’altro che semplice, ma se storicamente ci accusiamo spesso di non lanciare abbastanza giovani è perché il calcio italiano ha rappresentato l’eccellenza per tanto tempo non essendo di conseguenza per tutti. Come non è per tutti, ma solo per i migliori, la Nazionale.
La vecchia litania del “in Italia non giocano i giovani” viene ripescata ogni qualvolta il sistema calcio italiano attraversa un momento di crisi.
La mancata qualificazione ai Mondiali per la seconda volta consecutiva è stata una mazzata inaspettata, ma meritata e ha fatto risorgere quest’idea che da una base di discussione giusta e interessante sfocia nella demagogia più assoluta, alla ricerca di applausi facili e soprattutto dell‘indicazione di non precisati colpevoli.
In un paese come l’Italia, in cui molti fuggono dalle proprie responsabilità, incolpare “il sistema” è il modo più semplice per lavarsi le mani e la coscienza. È il famoso stato che “si costerna, s’indigna, s’impegna e getta la spugna con gran dignità“ cantato da De Andrè. La verità è che i 2002 in Serie A sono pochi, potrebbero essercene in più, ma per la maglia della nazionale negli ultimi anni sono emersi alcuni talenti che stanno già facendo le fortune dei rispettivi club e Nazionale. I vari Donnarumma, Bastoni, Barella, Tonali, Pellegrini, Chiesa, Zaniolo,ecc. ragazzi che hanno trovato spazio in giovane età e che ora sono colonne di grandi e gloriose società. Anche il sistema calcio italiano non ha mai avuto problemi a puntare su giovani talentuosi, pur conservando la storica inclinazione ad affidarsi a giocatori esperti. I giovani forti, in ogni generazione, hanno trovato spazio in Serie A così come in Nazionale perché avevano o hanno il livello necessario per starci. Non tutti sono pronti a 20 anni. Basti pensare a Toni che esplose definitivamente a 28, ma i talenti di un certo calibro, (infortuni permettendo) trovano il modo per mettersi in mostra. Bisognerebbe piuttosto accettare il fatto che ci sono generazioni più talentuose di altre e che questa, lo è meno delle precedenti. Se negli anni settanta nel giro di 3 anni sono nati Vieri, Inzaghi, Del Piero e Totti negli anni ‘90 non abbiamo avuto finora un ricambio all’altezza, semplicemente perché campioni così non nascono tutti i giorni.
Era semplicemente l’eccezione che credevamo essere diventata regola.